«Respirate, forza. A pieni polmoni». Aveva un discreto intuito Maria Luisa di Borbone, duchessa di Lucca, donna giunonica che da quelle parti chiamano ancora «la popputa». Fu lei, agli inizi dell' Ottocento, a capire per prima le qualità curative del mare. E da Viareggio diede il via a un' attività fino ad allora sconosciuta, l' industria balneare. Gli ingredienti c' erano tutti: litorale vastissimo, legname, una borghesia che cominciava ad apprezzare le gioie della villeggiatura. Nacque così nel 1865 lo stabilimento che ancora oggi si chiama Nettuno. Nella sua lunga storia ha ospitato Puccini e Leoncavallo, Vittorio Gassman e Walter Chiari.
Tempi passati: nell' estate del 2011 non ci sono più i personaggi di una volta, la crisi si fa sentire, la spiaggia si riempie solo nel weekend e il ristorante è stato trasformato in self service «per venire incontro alle tasche delle famiglie». Ma il vecchio re del mare conserva ancora il suo spirito altero. Quell' aria nobile di chi la Versilia l' ha vista nascere. Bagno trasgressivo il Nettuno. Aperto a uomini e donne, roba da scandalo per i tempi. A Viareggio, prima, non c' era niente di simile. Solo due capanni: il Dori, riservato alle signore e alle suore, e il Balena (Nereo, secondo altre fonti), per gentiluomini e priori. Al Nettuno no, si stava tutti insieme, costume di lana, palafitte e quinte intagliate dai maestri d' ascia del posto. Stile liberty e déco, da far impallidire gli inglesi di Brighton e la loro spocchia.
Qui arrivavano medici e notai da Lucca e Firenze, attori, musicisti. Al bar Principe, il più famoso della passeggiata, Oreste Giannessi, bisnonno di quel Graziano che oggi gestisce il Nettuno, preparava di nascosto gli spaghetti per Ruggero Leoncavallo, diabetico e golosissimo. E a Viareggio c' era la villa di Giacomo Puccini: «Ma lui agli stabilimenti preferiva i capanni solitari, per andarci con le amanti». Un primo Novecento da incorniciare, con il Nettuno che offriva terapie salsoiodiche, concerti, servizio di telegrafo, interpreti, parrucchiere. Poi due incendi, nel 1913 e nel 1917, e due guerre. Ma il viareggino, si sa, è orgoglioso e competitivo. Si è inventato il Carnevale («Per far vedere ai nobili che potevamo fare festa anche noi») e allo stesso modo si è ripreso il mare. Così ha fatto Oreste Giannessi (omonimo dell' avo e papà di Graziano) che nel 1950 riuscì a comprare all' asta il Nettuno.
Privato e pubblico: la Versilia felix del boom. Ciak da un' estate di oltre quarant' anni fa: il twist, il Piper, Alberto Sordi in spiaggia e, a pochi passi da lui, Fred Buscaglione. «Una stagione irripetibile», continua Graziano. Ma il Nettuno resta ancora un punto di riferimento della costa Toscana. Anche oggi. Merito delle 180 cabine in legno, dei 250 ombrelloni, delle 10 tende, della sabbia sempre perfetta, delle due piscine, del campo da beach volley, del patio coperto da cui godersi la brezza. Le lezioni di acquagym monopolizzano le signore, il defibrillatore è il fiore all' occhiello dello stabilimento, il baby club funziona tutto il giorno. Tanti servizi destinati ai villeggianti della seconda casa, il vero «zoccolo duro» del Nettuno. Mamme e nonne con i bambini, adolescenti di Milano, Parma, Piacenza. «Per il resto - spiega Giannessi - la clientela è fatta da famiglie della classe media che si fermano al massimo per una settimana».
Discorso diverso per gli stranieri: scandinavi, russi, olandesi che atterrano al vicino aeroporto di Pisa. Nuovi clienti che hanno cambiato esigenze e stili di vita: per loro la vacanza è «mordi e fuggi», la pizza al tavolo va bene anche senza tovaglia bianca. Eppure la gente famosa arriva ancora: Davide Lippi ha festeggiato al Nettuno il suo diciottesimo compleanno, qui si vedono passare (separati) Denis Verdini e il presidente della regione Toscana, Enrico Rossi. Nessuno ne parla, però. A Viareggio impera l' understatement e Giannessi non fa nomi neanche sotto tortura. Guarda la sua spiaggia, sorride e dice: «Forte dei Marmi attrae di più perché hanno capito che il posto piccolo funziona, e in questo sono bravissimi. Del resto se non ci riescono loro che sono cavaioli...».